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Chiarimenti del Ministero del Lavoro in merito a DVR, e altri adempimenti
Il Ministero ha aggiornato la sezione
“faq” del proprio sito web, pubblicando la risposta a quesiti specifici riguardo
le imprese in oggetto. E’ stata confermata l’interpretazione corrente
largamente maggioritaria, secondo cui i lavoratori autonomi di cui all’Art. 2222
C.C., artigiani e piccoli commercianti non
hanno l’obbligo di redigere un Documento di Valutazione dei Rischi, essendo
solo tenuti, salvo quanto previsto da norme speciali, a quanto prescritto
dall’Art. 21 del D.lgs. 81/08. Ma per adempiere a tali obblighi una valutazione
dei rischi, anche se non sintetizzata in un DVR, va fatta, quantomeno per
individuare i corretti DPI da utilizzare, e un DVR, pur non essendo un
documento obbligatorio, può essere un valido mezzo per provare di aver
effettuato una valutazione corretta e professionale.
Attenzione alla definizione di
artigiani e piccoli commercianti, che da giurisprudenza consolidata in
relazione all’Art.
2083 C.C. è limitata ai casi in cui l’attività è organizzata
prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della
propria famiglia. Non si tratta quindi di una definizione legata meramente
alle dimensioni dei locali o del negozio (le cui valutazioni peraltro sono
soggettive), per esempio l’esercizio dell’impresa in forma di società di
persone o di capitali, e/o la presenza di lavoratori che non siano parte del
proprio nucleo familiare, portano normalmente gli Organi di Vigilanza ad
escludere automaticamente l’appartenenza a tale categoria.
Il Ministero ha poi puntualizzato che nel caso
in cui un artigiano o un piccolo commerciante utilizzino occasionalmente un
lavoratore occasionale (retribuito con i c.d. voucher, i “buoni lavoro”) nei
confronti di questi andranno ottemperati tutti gli obblighi previsti dal D.
Lgs. 81/2008, e principalmente: informazione e formazione, DPI (sulla base della
valutazione dei rischi), sorveglianza sanitaria nei casi previsti, sempre in
base alla valutazione dei rischi.
Per quanto riguarda invece l’impresa
familiare, si conferma anche in questo caso che i componenti sono tenuti solo
al rispetto degli obblighi indicati dall’art. 21 del T.U., ma si sottolinea che
la configurazione di tale impresa ai sensi dell’Art. 230 bis C.C. sussiste
soltanto quando i familiari non abbiano voluto dar vita ad un rapporto diversamente
qualificato (società di fatto, rapporto di lavoro subordinato, ecc.).
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12/10/2012
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